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Cila: si può contestare?

Quando e come un privato che si ritiene leso dai lavori edilizi compiuti dal vicino o in condominio può opporsi alla comunicazione presentata in Comune?

In condominio o nei rapporti di vicinato, capita spesso di scoprire che qualcuno ha fatto dei lavori edilizi. Quelle opere sembrano spuntate come funghi, in poco tempo e apparentemente in silenzio. Di solito, si tratta di interventi di piccola entità: ristrutturazioni interne, rifacimento di impianti, realizzazione di tettoie, sistemazione di muretti di recinzione, apertura di varchi d’accesso. Chiedendo agli abitanti del palazzo e ai soliti vicini “ben informati” o rivolgendosi al Comune, si viene a sapere per quelle opere è stata presentata la Cila. A questo punto, chi si ritiene leso da tali interventi, e anche dall’operato del Comune, si chiede: la Cila si può contestare?

La Cila – acronimo di «Comunicazione di inizio lavori asseverata» – è una sorta di via di mezzo tra l’edilizia libera e i lavori che richiedono, invece, la più “pesante” Scia o il permesso di costruire. Ma rispetto a questi provvedimenti amministrativi presenta una profonda differenza, che di fatto comprime e limita molto i poteri di opposizione del privato. Esistono comunque dei rimedi per far valere l’eventuale illegittimità. Infatti, l’autore dei lavori non può difendersi dalla contestazione di un abuso edilizio sostenendo di essere munito di Cila che lo ha autorizzato ad eseguirli, perché la Cila non è un’autorizzazione ma una semplice comunicazione.

Tutto ciò, però, riguarda il versante pubblico dell’operazione; le difformità e i pregiudizi alla proprietà esclusiva (o delle parti comuni, se si tratta di un condominio) rimangono e vanno risolte. Bisogna, dunque, capire quando e in che modo un privato che lamenta una lesione dei suoi diritti a causa di determinati interventi edilizi può contestare la Cila presentata in Comune da chi li ha compiuti e che valore ha questo atto amministrativo.

Cila: cos’è e a cosa serve?
La «Comunicazione inizio lavori asseverata» – in breve: Cila – è un’istanza, prevista dal Testo Unico sull’Edilizia [1], che va utilizzata per gli interventi che non richiedono il permesso di costruire o la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), ma che non sono neppure compresi nell’attività edilizia libera, cioè quella che si può compiere senza necessità di alcun permesso. Leggi qui quando è obbligatorio fare la Cila.

In particolare, la Cila va presentata al Comune per eseguire interventi di:

manutenzione straordinaria sull’immobile, che non riguardano le parti strutturali dell’edificio [2];
restauro e risanamento conservativo degli edifici (comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi degli edifici, e l’inserimento di elementi accessori o di impianti).
Cila: quali lavori si possono fare?
In concreto, gli interventi edilizi più comuni che si possono eseguire con la Cila sono:

le ristrutturazioni interne che modificano gli ambienti (a condizione che non vi sia un cambiamento della destinazione d’uso dell’immobile o un aumento di volumetria);
il frazionamento di unità abitative in più appartamenti (senza toccare le parti strutturali, come i muri portanti e i solai);
il rifacimento degli impianti elettrici, idrici e di riscaldamento;
la sistemazione delle facciate esterne degli edifici (salvo che siano sottoposti a vincoli ambientali, architettonici o paesaggistici).
La Cila si differenzia dalla vecchia Cil (ormai superata dalla “riforma Madia” [3] che dal 2016 ha semplificato il regime delle autorizzazioni edilizie) in quanto è asseverata con la sottoscrizione del tecnico abilitato che ha redatto il progetto ed attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori da eseguire possono essere comunicati con questo strumento e non richiedono la Scia o il permesso di costruire.

Cila per lavori con Superbonus 110%
La Cila si può utilizzare anche per i lavori che rientrano nel Superbonus 110%, la speciale agevolazione fiscale che consente il recupero integrale della spesa sostenuta in forma di credito d’imposta (o mediante lo sconto in fattura praticato dal fornitore ed anche con la cessione del credito all’impresa o a una banca).

La “nuova Cila” da compilare per gli interventi che fruiscono per il Superbonus 110% – chiamata comunemente Cilas – presenta alcune variazioni e integrazioni rispetto al modello ordinario. Può essere utilizzata anche per fruire del Superbonus sugli immobili abusivi (ma non comporta la loro sanatoria), perché, come ha chiarito il ministero dell’Economia e Finanze, «non prevede l’attestazione dello stato legittimo dell’immobile». Per approfondire leggi “Superbonus 110% è ammesso su immobili abusivi?”.

Chi può contestare una Cila e come?
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che chi lamenta un pregiudizio o un danno per una Cila rilasciata dal Comune non è legittimato ad impugnarla direttamente, ma può rivolgersi al Comune per esercitare il diritto di accesso agli atti se si sospetta un abuso (è un modo utile per verificare i documenti presentati) e gli altri poteri consentiti, tra i quali una segnalazione con richiesta d’intervento della polizia municipale e dell’Ufficio tecnico comunale per controllare la regolarità delle opere realizzate. Dunque, l’annullamento della Cila per via giudiziaria non è possibile.

Questa preclusione alla possibilità di impugnare la Cila deriva dal fatto che essa non è un provvedimento amministrativo, ma un atto privato: perciò, i controinteressati possono soltanto sollecitare la Pubblica Amministrazione a compiere le opportune verifiche ed, eventualmente, possono agire contro di essa in caso di inerzia. In tal caso, infatti, è ammessa l’azione del privato cittadino per chiedere che il giudice accerti l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere [4]. Ti spieghiamo in dettaglio la procedura da seguire nell’articolo “Abuso edilizio: che fare se il Comune non interviene?“.

Si può fare ricorso al Tar contro la Cila?
Anche la più recente sentenza del Tar sul tema [5] ha ribadito che la Cila è «un atto squisitamente privatistico», che legittima solo un potere di «intervento a valle», nel caso in cui il Comune rilevi la presenza di un abuso edilizio (e allora deve senza dubbio intervenire con i suoi poteri sanzionatori nei confronti del responsabile, adottando anche l’ordine di demolizione dell’opera realizzata). Perciò, in quel caso, il giudice ha rigettato il ricorso di un condominio che lamentava alcuni lavori svolti da un privato grazie alla Cila, ritenendoli lesivi delle parti comuni (si trattava dell’apertura di un varco nel muretto del parcheggio interno per applicare un cancello pedonale).

Il ricorso al Tar contro la Cila, dunque, viene bocciato perché è fondato su un presupposto sbagliato: il Comune che riceve la Cila non rilascia un titolo edilizio abilitativo e chi si duole dell’opera, perché lede la sua proprietà esclusiva (o le parti comuni, quando si tratta di un condominio), deve esercitare – direttamente contro chi l’ha realizzata, e non avverso un provvedimento amministrativo che in questo caso manca – le ordinarie azioni civili a tutela della proprietà e del possesso, anziché rivolgersi al giudice amministrativo, che non ha il compito di dirimere le controversie insorte tra privati.

fonte laleggepertutti